Proseguendo l’approfondimento dedicato alle 7P dell’Education Marketing (abbiamo già trattato le leve del “prodotto” e del “processo”), oggi parliamo del “prezzo”, una variabile piuttosto delicata in questo settore. Non è semplice fissare un prezzo per un servizio che è intangibile nella sua natura e il cui risultato è incerto e fortemente dipendente dalla partecipazione attiva dello studente stesso, partner del processo.
La politica di prezzo, in questo settore, dipende fortemente dalle decisioni governative che riguardano il mondo dell’istruzione: nella sfera della pubblica istruzione, in molti Paesi, il servizio è offerto in modo gratuito, almeno fino all’età dell’obbligo scolastico (normalmente tra i 6 ed i 16 anni di età). A livello universitario, poi, i contributi richiesti agli studenti e alle loro famiglie, variano notevolmente da istituto ad istituto e, spesso, a seconda della fascia di reddito.
La politica di prezzo nella sfera pubblica ha quindi alcune limitazioni di manovra, nel qual caso le risorse necessarie per la gestione arrivano sotto forma di fondi statali; discorso ovviamente differente è quello relativo agli istituti privati, o in generale in alcuni Paesi che non prevedono la gratuità o le agevolazioni di cui sopra, in cui le decisioni di prezzo sono più libere e rispondono maggiormente alle normali leggi di domanda e offerta.
In generale, per un prodotto/servizio, le decisioni di prezzo sono determinate dalla considerazione del costo di produzione, della domanda sul mercato, che può essere più o meno sensibile (o elastica), e dalle decisioni della concorrenza. Il prezzo stabilito contribuisce a creare l’immagine del prodotto/servizio, in quanto è spontaneamente associato alla qualità che il consumatore percepisce.
La percezione è la chiave da tenere in considerazione per formulare le strategie di pricing. La percezione (come visto nell’articolo in cui presentiamo il Modello dei Gap) va letta in rapporto alle aspettative: la distanza (o gap) tra le due, che si determina ad ogni fase di erogazione del servizio, ha un effetto diretto sulla customer satisfaction e sulla possibilità di erogare un servizio di qualità.
Ecco che stabilire un prezzo è una decisione da non poter formulare senza tener conto di questo rapporto percezione/aspettativa: un prezzo di accesso al servizio elevato crea implicitamente delle aspettative di qualità eccellente e di un’offerta fortemente differenziata dalla concorrenza, per cui valga la pena pagare un plus; d’altro canto, uno studente che accede alla formazione in modo gratuito o agevolato avrà sicuramente aspettative meno elevate. Qui entra in gioco l’etica e la mission della pubblica istruzione, che dovrebbe essere in grado di fornire sempre un servizio ed un’offerta didattica competitiva e di valore, sfruttando in modo quanto più efficiente possibile i fondi (a volte scarsi) a disposizione.
Tra le decisioni di prezzo su cui le scuole ed università (anche quelle pubbliche) hanno spazio di manovra troviamo sicuramente quelle che hanno a che fare con i servizi accessori, ad agevolazioni per il merito studentesco o a differenziazioni in base al reddito o alla nazionalità. È necessario tenere in considerazione anche le esigenze di studenti meno abbienti, che hanno il diritto all’istruzione. Si discute costantemente della missione e del valore dell’educazione per la società in generale: borse di studio, riduzione dei contributi ed aiuti finanziari devono necessariamente fare parte delle strategie di prezzo di un’istituzione che si dichiari consapevole della propria responsabilità sociale.
Così come visto per il design dell’offerta formativa e sulle decisioni di “processo”, anche le decisioni di prezzo avranno effetti rilevanti sulla strategia, non solo perché determinano l’ammontare di risorse a disposizione, ma anche perché possono influenzare notevolmente il posizionamento competitivo, la reputazione e le strategie di recruitment istituzionali.