Nel raccontarvi dello svolgimento e dei contenuti emersi durante il Forum AICUN 2018 (cui abbiamo dedicato un articolo riepilogativo), dedichiamo un approfondimento particolare all’intervento del Professor Domenico De Masi, professore emerito di Sociologia del lavoro dell’Università “La Sapienza” di Roma, che ha toccato temi di notevole interesse per quanto riguarda la necessità di prestare attenzione all’evoluzione della società nei prossimi anni.
Gruppi e comunità, società industriale e post-industriale
L’intervento ruota intorno al concetto di gruppo e comunità: già a partire dalla società industriale, in cui è forte l’idea di Taylorismo e di catena di montaggio, all’interno delle fabbriche è possibile definire i gruppi come “filtri” in grado di potenziare le possibilità del singolo.
Mentre all’interno dei piccoli gruppi prevale la componente razionale, in quelli di grandi dimensioni ha maggiore peso l’emotività del collettivo. Il sociologo tedesco Ferdinand Tönnies, per classificare i legami sociali, identifica la dicotomia Gemeinschaft-Gesellschaft (generalmente tradotta come “Comunità-Società”). Questo strumento concettuale permette di collocare da un lato (Gemeinschaft/Comunità) le interazioni personali che hanno a che fare con la sfera dell’affettività, del calore, delle intenzioni, e dall’altra (Gesellschaft/Società) le interazioni indirette, che riguardano valori formali, l’economia, gli obiettivi ed i risultati.
Ecco che è possibile delineare un tipo di realtà quasi “ideale”, in cui ogni Gesellschaft/Società, formale, rigida e fredda, si trasformi in una Gemeinschaft/Comunità, che tenda ad un collettivo più emotivo, pur mantenendo una migliore struttura organizzativa.
La trasformazione da una società meccanica ad una società digitale/post-industriale è scaturita dalla concomitanza di fattori di mutamento che hanno stravolto il mondo della produzione: il nuovo sistema produttivo genera beni immateriali, informazioni.
Andando ad analizzare quali sono stati questi fattori di mutamento, possiamo individuarne alcuni: la seconda Guerra Mondiale, il progresso scientifico e tecnologico, lo sviluppo organizzativo, la globalizzazione, i Mass Media e la scolarizzazione diffusa.
La società post-industriale ha dunque come caratteristica principale la centralità dell’immateriale: il focus è sui servizi, sulla conoscenza, sulle informazioni, su simboli, valori ed estetica. Le tecnologie digitali e l’intelligenza artificiale si evolvono a ritmi impressionanti, scatenando quella che viene definita “jobless growth”, una crescita senza occupazione. La globalizzazione rende labili i confini nazionali e la generazione digitale prevale su quella analogica, che arranca nello stare al passo con la tecnologia che avanza.
Appare dunque fondamentale capire dove si sta andando, prevedere e progettare il futuro: le Università, che sono per definizione nate già post-industriali e il cui prodotto è la conoscenza che viene trasmessa, devono comprendere e accogliere le sfide dei prossimi anni e decenni.
Il futuro del 2030
La ricerca presentata dal Professor De Masi individua otto trend per il decennio che ci porterà al 2030.
- Tecnologia: osservando la velocità ed il ritmo con cui le tecnologie evolvono, è facile (ed affascinante) pensare che nel 2030 la potenza dei nostri strumenti digitali ed elettronici sarà esponenzialmente superiore. L’intelligenza artificiale sostituirà tanto lavoro intellettuale e l’ingegneria genetica interverrà sempre più nel campo della salute. Il patrimonio di conoscenza a portata di click sarà così vasto da far emergere il problema di non sapere come assimilarlo.
- Ubiquità: tutto il mondo in un luogo, il “cloud”. Già vediamo come le distanze ormai si accorciano grazie ad Internet: sempre di più nei prossimi anni tutte le nostre attività saranno svolte telematicamente, sfondando i confini ed anche il concetto stesso di privacy, come in una gigantesca unica Agorà. Non sarà più possibile dimenticare, perdersi, annoiarsi ed isolarsi, nel momento in cui tutta la memoria, le informazioni, le relazioni saranno costantemente a portata di mano.
- Digitalità: per ora, al 2018, gli analogici detengono ancora tutto il potere. Se pensiamo al 2030, i digitali avranno preso il sopravvento: chi è nato con Microsoft avrà 55 anni, chi è nato con Google ne avrà 33, chi è nato con Facebook ne avrà 26. Questi nativi digitali apporteranno sicuramente sempre più cambiamenti drastici nelle aziende, nelle comunità, nei Paesi che andranno a governare.
- Economia: da qui al 2030 il problema sarà sempre più la distribuzione della ricchezza. L’efficientamento della produzione porterà ad una crescita enorme del PIL pro-capite, ma se la quota destinata a remunerare il capitale finanziario continuerà a crescere, la ricchezza di accentrerà ulteriormente, con disastrose conseguenze economiche, ecologiche e sociali. Ad oggi, nel mondo, gli 8 più ricchi posseggono la stessa ricchezza di mezza umanità (3,6 miliardi di persone); in Italia, 10 famiglie posseggono la stessa ricchezza di 6 milioni di poveri. Ma come invertire il trend?
- Lavoro: sempre più la robotica, le nanotecnologie, l’intelligenza artificiale prenderanno il posto nell’uomo in moltissime attività. La crescita economica e produttiva non sarà accompagnata da una crescita di posti di lavoro (jobless growth) e see il lavoro esecutivo non verrà ridistribuito, la disoccupazione aumenterà e un numero crescente di Neet (Not engaged in Education, Employment or Training) sarà costretto a consumare senza produrre. Ne deriverà una riduzione dei consumi e un aumento dei conflitti sociali. Sempre meno persone saranno impiegate in mansioni operaie (in blu) o impiegatizie (in bianco), ma sempre più in lavori creativi (in rosso).
- Tempo libero: le persone avranno dunque sempre più tempo libero a disposizione. Ma come impiegarlo? Circa 23 anni delle nostre vite saranno dedicati ad attività che non siano il lavoro, la cura di noi stessi e la formazione: come evitare la noia e la depressione? La risposta è nel livello di cultura e curiosità intellettuale che l’individuo avrà. Il ruolo delle scuole e delle Università dovrà sempre più riflettere quello di un Maestro di vita, più che di un semplice Maestro del lavoro.
- Cultura: nel 2030 l’omologazione globale prevarrà sull’identità locale, ma ognuno tenderà a distinguersi sempre più dall’altro. Bisognerà pensare in digitale, dedicarsi alla creatività, dimostrare capacità di problem solving, resistere ai conflitti derivanti dalla iniqua distribuzione di ricchezza, sapere e potere.
- Androginìa: negli stili di vita di diffonderà la “sexual fluidity”, la pan sessualità, l’androginìa, con i valori femminili che toccheranno sempre più anche gli uomini. Le donne saranno al centro del sistema sociale ed economico, prendendosi una rivincita per i millenni trascorsi subendo torti dal “sesso forte”.
In questo quadro emerge il fondamentale cambio di rotta che le istituzioni, in particolare le scuole e le Università devono darsi: le generazioni di giovani nativi digitali attualmente istruite da maturi professori analogici, hanno davanti a sé un mondo che cambia rapidamente, in cui solo con la creatività e le idee si può combattere la carenza di senso di appartenenza: è necessario orientarsi di nuovo verso un modello di Polis, di fabbriche del pensiero, in cui lo stimolo intellettuale è la forza trainante delle relazioni e del senso di Comunità nelle nostre Società globali.