In un periodo come quello che stiamo vivendo, fare delle previsioni è difficile, se non impossibile: l’emergenza sanitaria ha richiesto che tutti noi – in particolare nel settore dell’istruzione – mettessimo in campo tutta la nostra capacità di reazione, adattamento ed innovazione, per proporre nuove strade, nuove metodologie, nuovi modi di fare relazioni, anche tra colleghi e con gli studenti.
Ecco che risulta fondamentale osservare ciò che è stato fatto fino ad ora ed iniziare a guardare avanti, ponendosi delle domande a cui (provare a) dare delle risposte. Abbiamo raccolto un po’ di spunti dal web per riflettere sugli scenari ipotizzati.
Il primo giorno di scuola (virtuale) primaria
Ipotizzando che a settembre non si possa ancora rientrare nelle aule fisiche delle nostre scuole, ci sarà da riprendere le attività attraverso la didattica a distanza, con una particolarità: come sottolineato da Tuttoscuola.com, ci sarà mezzo milione di nuovi studenti che arriveranno in una scuola virtuale senza aver mai messo piede in una scuola reale: si tratterà dei nuovi piccoli alunni di scuola primaria, che inizieranno la prima elementare – probabilmente – nei salotti di casa e davanti ad un tablet. Ma si tratterà allo stesso modo anche dei giovani che inizieranno il proprio percorso universitario, dopo un Esame di Maturità che già sarà difficile da dimenticare.
Oltre a trattarsi di una situazione che priverà tante famiglie di un giorno importante, che rappresenta un passo cruciale e simbolico nella crescita dei piccoli e dei giovani, si impone anche una riflessione per le scuole e per le Università: è importante ricordarsi che forse, in alcuni momenti, non possiamo accontentarci della mera didattica a distanza. Ci sarà bisogno anche di creare momenti ed eventi di orientamento ed incontri virtuali che possano comunque rappresentare per gli studenti e per le famiglie un qualcosa da ricordare, anche se diverso da come lo avevano immaginato. Proviamo a lavorare con la fantasia e la creatività, a coinvolgere le famiglie e a favorire l’interazione, per creare un primo giorno di scuola (e non solo) ricco di significato e valore, per non lasciare che queste tappe fondamentali della crescita dei ragazzi passino inosservate solo perché “a distanza”.
Aule a metà e metà delle aule?
Un’altra possibile questione, sollevata da Il Messaggero, riguarda la possibilità che – nel caso si potesse invece riaprire – potremmo trovarci di fronte alla necessità di ripensare totalmente le nostre aule: se dovrà vigere comunque una forma di distanziamento sociale, sarà impensabile tenere 25-30 studenti in una classe. Come fare allora?
Si stanno vagliando diverse proposte: rotazioni e turnazioni, che richiederebbero una medesima turnazione e un necessario arruolamento di docenti; oppure lezioni in streaming per metà degli studenti, con un’altra metà in presenza fisica. In ogni caso, è evidente che entrambe le ipotesi richiedano da un lato tanta organizzazione e pianificazione, dall’altro investimenti, sia che si tratti di nuove assunzioni che dell’acquisto di attrezzature, computer e tablet per le scuole e le famiglie in difficoltà.
Il problema dell’affollamento delle aule sarà con ogni probabilità aggravato dal rischio che molte scuole paritarie e private, in crisi con le rette, potrebbero non riuscire a riaprire: la stima è che 1 istituto su 3 sia a rischio di bancarotta, con un conseguente riversamento di studenti verso una scuola statale già di per sé “affollata”.
L’importanza di un dibattito pubblico
Senza voler scendere nel piano politico, che non ci compete, è evidente che la scuola italiana sia stata messa – in questo periodo – davanti ad una enorme sfida. Le nostre aule sono state chiuse per prime e, con ogni probabilità, riapriranno per ultime. È impossibile non chiedersi – come manifesta Il Fatto Quotidiano – che impatto e che ripercussioni avrà, ad esempio, questa interruzione scolastica sulle capacità cognitive, emotive e sociali dei bambini più piccoli.
Non si può non tenere in considerazione, poi, la difficoltà che comporta questa interruzione per le famiglie, soprattutto per coloro che in queste o nelle prossime settimane torneranno a lavorare con più o meno regolarità: in tempi di “normalità”, chi può fa tanto affidamento sui nonni, che più che mai invece in questo periodo vanno protetti e tenuti al sicuro con il maggior distanziamento possibile. Si parla di voucher baby-sitter, di lunghi congedi parentali, ma il problema è sicuramente più vasto. Chiudono le scuole, forse resteranno chiusi i centri estivi e i centri sportivi: ci si chiede, insomma, se non sia necessario un dibattito pubblico più ampio, che prenda in considerazione tutti le esigenze in gioco e, perché no, che inizi anche una differenziazione delle aperture per regioni, per territori, in base alla situazione specifica, alle possibilità effettive di distanziamento e alla curva dei contagi.
Notizie dai college oltreoceano
Da ultimo, se qui in Italia la situazione ci sembra – ed è – preoccupante, oltreoceano non sembrano passarsela meglio: Bloomberg sottolinea che anche i prestigiosi college americani si stanno avviando verso un punto di non ritorno. Se la pandemia dovesse prolungarsi anche in autunno, è infatti verosimile che l’educazione universitaria statunitense dovrà subire una trasformazione senza precedenti: si tratta di una vera e propria industria, di un sistema che ha un costo altissimo per i giovani (in media, frequentare un college privato americano costa 48mila dollari l’anno, mentre il costo delle università pubbliche va dagli 8mila ai 20mila dollari).
Sebbene queste cifre sembrino altissime, c’è anche da considerare che tale costo riflette normalmente degli investimenti enormi da parte dei college, che costruiscono edifici, realizzano centri all’avanguardia per gli studi e per la ricerca, dormitori, campus, impianti sportivi. Ma dove aumentano gli investimenti, aumentano i debiti in capo alle istituzioni e aumentano i debiti in capo agli studenti.
Insomma, un sistema – quello americano – che veniva messo in discussione da tanti già prima dell’emergenza sanitaria, ma che ora si trova davanti ad uno scenario a dir poco complesso. Uno studente che accetta di pagare una retta così elevata, lo fa per molto di più della mera didattica: il college americano è una vera e propria esperienza, un connubio di attività curricolari ed extra-curricolari, di opportunità, di spazi, di relazioni e networking che ne “giustificano” il costo.
Ma se la didattica si sposta online, tutto il resto scompare: molti studenti sceglieranno le opzioni più economiche, molte università non reggeranno le perdite, a fronte dei propri costi fissi.
Da questo lato dell’oceano la situazione è sicuramente diversa, ma come sempre c’è da osservare e magari prendere spunto – per evitare gli stessi errori.