Una volta figura centrale e autorevole nella trasmissione del sapere, l’insegnante oggi si trova spesso di fronte a situazioni che sembrano minare la sua autorità e l’influenza in aula. Tradizionalmente, l’insegnante era visto come il detentore del sapere e il modello di comportamento, la cui autorità derivava non solo dal ruolo istituzionale, ma anche dal rispetto sociale e culturale. Gli studenti e le famiglie consideravano il docente come una figura di riferimento, capace di guidare e ispirare.
C’era una volta l’insegnante…
Per chi è stato alunno qualche decennio fa, pensando all’immagine del docente, una delle prime che la mente evoca, è probabilmente quella del maestro Giulio Perbone, il maestro del libro “Cuore” di Edmondo De Amicis. Il maestro senza famiglia, di buon cuore ma austero. Così come non si può dimenticare la maestrina dalla Penna Rossa (così chiamata per la penna rossa sul cappello), borghese, attenta e dedita agli alunni. Due figure dell’insegnamento, diverse ma autoritarie, rispettate per le conoscenze e il ruolo ricoperto, cosa usuale nel 1886, anno di pubblicazione del romanzo. Nel testo si legge “maestro: dopo quello di padre è il più nobile, il più dolce nome che possa dare un uomo a un altro uomo”, proprio perché le pagine del libro evocano perfettamente il riconoscimento che la società deputava all’insegnante, mentore e punto di riferimento anche per le famiglie, non solo per gli alunni.
Quel ruolo di centralità nella società sottolineato anche dal sociologo Émile Durkheim, (uno dei padri fondatori della sociologia), che sosteneva “l’insegnante è sacerdote e ministro della società”.
E oggi? Sicuramente avvertiamo che la figura dell’insegnante è percepita diversamente. Gli episodi di violenza nei confronti del corpo docenti, di cui troppo spesso sentiamo dai media, ne sono la conferma. Non occorre, dunque, essere un insegnante per porsi delle domande. Si tratta di episodi che scuotono l’opinione pubblica e che evidenziano un cambiamento della società che merita una riflessione approfondita.
Perché il docente in Italia ha perso autorità?
Non è corretto individuare una sola causa colpevole del cambiamento dell’immagine dell’insegnante, piuttosto si tratta di una serie di elementi che si intrecciano.
I mutamenti socio-culturali della seconda modernità spingono verso una maggiore individualità e all’indebolimento delle strutture tradizionali, come appunto la scuola, che non è più l’unica detentrice della conoscenza. La tecnologia offre una democratizzazione di accesso al sapere, trovare informazioni è più facile per tutti. Chiedere a Google sembra quasi più facile che chiedere all’insegnante.
Proprio dai media, online e tramite le serie tv, si veicolano modelli contraddittori rispetto a quelli offerti dalla scuola. Ciò tende a minare ancora di più l’autorità dell’insegnante, che ne è il portavoce. Gli influencer sono diventati un nuovo punto di riferimento nella formazione degli adolescenti. Affrontano tematiche importanti, rivestendo il ruolo precedentemente ricoperto esclusivamente dall’insegnante, che non è più avvertito come l’unica guida culturale delle nuove generazioni.
Inoltre, non è da sottovalutare la crisi sociologica attraversata dalla famiglia italiana. Nel libro del 1963, “Verso una società senza padre”, lo psicologo tedesco Alexander Mitscherlch, scrive che il superamento della famiglia patriarcale avrebbe messo in crisi, oltre il ruolo del padre, anche quello del docente, la figura che subentrava al posto del padre fuori dalle mura domestiche. Una profezia che, in parte, potremmo dire, si è avverata.
A questi fattori, lo scrittore Antonio Scurati, aggiunge, in un articolo pubblicato su “La Repubblica”, che l’autorità del docente è in parte lesa anche dalle condizioni socio-economiche dei docenti italiani, tra i meno retribuiti in Europa. In Italia, la categoria lavorativa degli insegnanti è ritenuta malpagata, vittima di un iter per accedere alla cattedra demotivante, che la fa precipitare in basso nella classifica del prestigio sociale. A tal riguardo, Scurati specifica che la scarsa valorizzazione economica contribuisce a sminuire l’autorità: gli alunni sono abituati a dare un valore tramite il denaro e ciò che si mostra.
Insegnante: amico sì/amico no?
Le riforme educative, finalizzate ad una maggiore inclusività degli alunni e alla personalizzazione dell’insegnamento, puntano l’enfasi sul dialogo. In tal modo, le dinamiche relazionali docente-alunno si modificano: in passato, probabilmente, un alunno non avrebbe pensato di rivolgersi in tono amichevole ad un insegnante, o chiedere consiglio circa un problema. Se questo aspetto, da un lato, rappresenta una conquista per il sistema scolastico, dall’altro, ha indebolito la percezione di autorità del docente.
Lo psicologo Carl Gustav Jung riteneva che la dolcezza fosse una delle componenti principali dell’essere un insegnante: “Un cuore comprensivo è tutto, è un’insegnante, e non può essere mai abbastanza stimato. Si guarda indietro apprezzando gli insegnanti brillanti, ma la gratitudine va a coloro che hanno toccato la nostra sensibilità umana. Il programma di studi è materia prima così tanto necessaria, ma il calore è l’elemento vitale per la pianta che cresce e per l’anima del bambino”.
Avere la capacità di essere stimato sta nel toccare la sensibilità dell’alunno, ma, citando il pensiero del filosofo contemporaneo Umberto Galimberti, senza essere “amico” degli studenti: “avere empatia con gli alunni non significa andarci a mangiare la pizza insieme […] perdereste la vostra autorità, non fatelo”, (Festival della Filosofia 2022).
Il cambiamento dei genitori
“Molti genitori parlano male degli insegnanti davanti ai bambini. Questo non deve mai accadere a quell’età” sostiene Umberto Galimberti, “quando il bambino va a scuola avviene la prima differenziazione sul piano sentimentale: prima il bambino amava solo i genitori, ora ama la maestra”. E se si parla male della maestra avviene un trauma, si crea un problema a livello affettivo”. Il filosofo ritiene che i genitori sembrino più interessati alla promozione che alla formazione, e che anziché stimolare allo studio, si limitano a contestare l’operato dei professori, nel caso di scarsi risultati nel rendimento scolastico.
Non sempre la preparazione dell’insegnante può soddisfare, può capitare di incontrare un insegnante che non sia effettivamente all’altezza del ruolo (come accade in ogni ambito), ma schierarsi nella strenua difesa del proprio figlio non aiuta a migliorare la situazione (per approfondire leggi anche Genitori contro insegnanti).
Anche in questo caso, il confronto con il passato è evidente: se anche solo 20 anni fa, un docente assegnava un voto negativo allo studente, era probabile che nella maggior parte dei casi il genitore fosse d’accordo, aggiungendo, forse, una punizione. Oggi i genitori sentono di dover essere comprensivi, in parte possiamo giustificare questo atteggiamento in riferimento al problema dell’ansia, in rapida crescita tra i ragazzi. In più, il corpo docente si trova a subire le pressioni del numero crescente di ricorsi al TAR effettuati in caso di non ammissione all’anno scolastico successivo, a cui sempre più genitori ricorrono. Una possibilità non immaginabile nel passato.
Come essere autorevole
Essere simpatico e autorevole sembrano essere due aspetti che difficilmente coesistono nella figura del docente. Difficile ma non impossibile. L’autorevolezza del docente proviene da un mix di senso di sicurezza, autostima, coerenza nei propri comportamenti, temperamento, perentorietà ed esperienza. Fondamentali sono i primi momenti di conoscenza tra l’insegnante e il docente, in poco tempo si forma, infatti, nella mente dello studente l’idea del docente che ha di fronte.
Un insieme di caratteristiche non certo facili da attuare in classe, ma alcuni passaggi sono fondamentali per aiutare ad affermare l’autorevolezza della figura di docenza:
- Comunicazione chiara, cioè fornire istruzioni comprensibili, concise, chiedere rispetto reciproco, non usare toni e termini offensivi, porsi all’ascolto degli alunni
- Mostrarsi competente, non tentennare anche laddove (ed è normale, capiterà ad ogni insegnante), si hanno dei dubbi
- Stabilire delle regole, che oltre ad essere espresse in modo chiaro devono poi essere applicate e fatte rispettare, chiarendo le conseguenze nel caso in cui non siano rispettate. Non è utile indicare delle regole e poi non applicarle o non prevedere punizioni nel caso in cui vengano infrante, ciò serve solo a minare l’autorità del docente tra gli alunni
- Creare degli ambienti coinvolgenti, stimolando al dialogo, al dibattito e al confronto
- Prevedere dei premi, per rinforzare la fiducia negli alunni
- Dimostrare la propria passione, imprescindibile per essere un valido insegnante
Il ruolo dell’insegnante è in continua evoluzione e la perdita d’autorità rappresenta una sfida significativa. Tuttavia, con strategie adeguate e un rinnovato impegno da parte di tutte le parti coinvolte, è possibile ricostruire un’educazione che valorizzi la figura dell’insegnante come guida e mentore, capace di ispirare e formare le future generazioni.