Smithsonian Open Access e Learning Lab: la cultura si fa open
Data la chiusura indetta a fronte dell’emergenza sanitaria dettata dalla diffusione del Coronavirus, urge da parte delle scuole la sperimentazioni di modalità di didattica a distanza per non lasciare soli gli studenti e cercare di portare avanti i programmi formativi.
Da piattaforme di condivisione come Google Classroom a software di videoconferenza per lezioni a distanza, ora più che mai l’educazione ha bisogno che la tecnologia le sia alleata.
Sappiamo che la digitalizzazione dei contenuti dei Beni Culturali permette la visita di un museo o di un sito archeologico anche a migliaia di chilometri di distanza (ne abbiamo elencati un po’ nel nostro ultimo articolo). Perché allora non usare queste risorse per arricchire documenti o presentazioni, e dare dei nuovi spunti e stimoli ai ragazzi?
Lo scorso mese anche lo Smithsonian Institute, organizzazione culturale che comprende 19 musei, 9 centri di ricerca e uno zoo, ha aperto a tutti il suo prestigioso archivio. Ha cominciato con ben 2,8 milioni di immagini e modelli 3D (numero destinato a salire!) ad accesso libero e gratuito: l’immenso patrimonio include immagini ad alta risoluzione del mondo dell’Arte come riproduzioni digitali di quadri, installazioni e sculture ma anche documenti e ricostruzioni di reperti storici, di valore culturale e importanza scientifica. Tutto è disponibile grazie alla nuovissima piattaforma Open Access che permette a chiunque nel mondo di riutilizzare questi materiali per uso personale, precedentemente disponibili solo su richiesta.
Via libera alla creatività
Questo vuol dire si potrà, ad esempio, fare ricerche illustrate su 75.000 esemplari di api, o ispirarsi a modelli 3D di un triceratopo o di mammut lanosi; chiunque sarà libero di usare le immagini del copricapo da boxe del campione Muhammad Ali e il modello di brevetto originale della macchina da cucire Singer per fare collage e video, oppure scaricare i ritratti di Pocahontas e George Washington per creare t-shirt e tazze per la colazione.
Non vi sembra nulla di sorprendente?
In effetti, non è certo la prima volta che un museo rende i suoi archivi di dominio pubblico: così come il Rijksmuseum di Amsterdam e il Metropolitan Museum of Art di New York, sono centinaia le istituzioni per i beni culturali lo hanno già fatto. Ma lo Smithsonian Institute con il suo Open Access fa notizia per due ragioni: per l’ampiezza straordinaria della collezione messa a disposizione (una varietà che verrà ampliata ancora di più nei prossimi mesi) e per aver optato per una licenza Creative Commons Zero, che non pone limiti a ciò che il pubblico può fare con una determinata opera senza vietarne, ad esempio, l’uso commerciale.
Che cos’è la licenza Creative Commons Zero (CC0)?
CC0 è una designazione utilizzata dalle organizzazioni culturali per rinunciare ai diritti di copyright sui beni digitali. Il copyright è il “diritto d’autore”, espressione con la quale si intende più comunemente l’insieme dei diritti che la legge italiana chiama “diritti di utilizzazione economica”. Oltre ai diritti più propriamente appartenenti all’autore (cioè a colui che ha lo spunto creativo e lo estrinseca nell’opera dell’ingegno), esistono altri diritti che tutelano attività che permettono la fruizione e la diffusione dell’opera: questi diritti, chiamati appunto diritti connessi, sono ad esempio i diritti di produzione fonografica, di produzione cinematografica, di emissione radiofonica e televisiva. Il CC0 permette alle persone di non aver bisogno dell’autorizzazione dello Smithsonian per utilizzare i beni digitali. Per ulteriori informazioni, sul sito della piattaforma si possono consultare le Condizioni d’uso specifiche di Smithsonian.
Una sezione creata per l’educazione e l’insegnamento
Smithsonian ha messo ha disposizione una sezione speciale chiamata Learning Lab in cui sono raccolte risorse e materiali didattici per l’insegnamento, l’apprendimento e la ricerca anche in questo caso rilasciati con una licenza aperta che consente l’accesso libero, l’adattamento e la ridistribuzione da parte di terzi. Si tratta di una piattaforma dinamica che raccoglie i contenuti delle collezioni dei musei e delle esposizioni dell’Istituto suddividendole tra immagini, audio, video, testi e ricerche per tutte le materie, dalla lingue alle scienze, dagli studi sociali all’arte.
Come poter utilizzarli?
Gli educatori possono creare da soli le proprie esperienze di apprendimento interattivo oppure ispirarsi agli esempi realizzati da insegnanti ed esperti per poi collaborare e confrontarsi con altri insegnanti e studenti. Essendo i contenuti vasti ed eterogenei, la prima cosa da fare è focalizzare le informazioni che si ritiene possano essere interessanti e pertinenti da approfondire. Questa operazione può essere effettuata dall’insegnante o attraverso un lavoro di ricerca collettivo e partecipato con gli alunni. Successivamente, a seconda dei temi individuati e della progettazione didattica che si è deciso di perseguire, si può passare alla ricerca o alla creazione stessa dei contenuti.
Si può quindi partire da un argomento trattato a lezione, dall’intestazione di capitolo in un libro di testo o da una domanda posta in classe e le storie digitali potrebbero essere di fantasia e finzione oppure di saggistica.
A questo punto, elaborata l’idea, potrebbe essere utile prendere appunti attraverso mappe mentali per organizzare i pensieri e cominciare a individuare logiche e strutture narrative e veicolare i contenuti seguendo i principi dello storytelling, una tecnica di lezione frontale degli insegnanti per trasmettere i contenuti delle lezioni (abbiamo raccolto qualche suggerimento a questo link).
Un altro stimolo, forse per gli insegnanti più tecnologicamente temerari, potrebbe essere provare a sperimentare soluzioni di realtà aumentata (vi eravate appuntati tutte le app, i siti web e i blog che consigliavamo di seguire? Li ritrovate qui).
Una volta scaricati o creati tutti i nuovi materiali didattici, un modo comodo e semplice per condividerli tra gli alunni può essere Google Classroom, la piattaforma di Google creata apposta per la scuola: gli studenti possono essere invitati e accedere a classi virtuali con un codice privato e cominciare così a visualizzare, modificare o caricare anche nuovi file in tempo reale.
Spettatori di musei, collaboratori d’arte
Secondo lo Smithsonian Institute, si tratta di un’opportunità unica per interagire con le persone, portare e far conoscere loro le collezioni Smithsonian: “Stiamo dando potere al nostro pubblico” commenta il segretario della Smithsonian Institution Lonnie G. Bunch III durante l’evento di lancio dell’iniziativa “Stiamo dando loro il potere di remixare, riutilizzare, reimmaginare tutta la ricchezza che offriamo. Invitiamo in questi modo i nostri spettatori ad essere di più, a diventare collaboratori”.