Facciamo un passo indietro: spesso, quando diffondiamo i nostri articoli sul tema dell’Education Marketing riceviamo reazioni contrastanti, che non fanno altro che dimostrarci il bisogno che c’è di continuare la conversazione ed il dibattito su questi argomenti, che sembrano ancora così estranei al mondo scolastico ed accademico.
Proviamo a fare un po’ d’ordine, partendo proprio da alcune obiezioni che ci sono state mosse per cercare di sfatare qualche mito e rispondere a qualche domanda.
“La parola marketing stona con la parola educazione. La scuola non è efficienza, risultati, profitto: è tempi lenti, curare in egual modo chi va piano e chi va veloce senza per forza volerli uguali nel profitto.”
Iniziamo proprio dalla parola “marketing”, che viene dall’inglese “to market”, ovvero “introdurre sul mercato”. Quando parliamo di marketing, parliamo di strumenti, metodologie, approcci che servono ad avvicinare le parti che compongono il nucleo di qualsiasi attività: lo scambio. Il marketing altro non è che un approccio che cerca di creare valore durante uno scambio, che non sia necessariamente di natura commerciale! Certo, il marketing in azienda ha ovviamente il profitto come fine ultimo, ma più in generale può essere applicato anche a realtà no-profit, o in questo caso ad istituzioni che hanno natura ben diversa dalle aziende. Basta individuare qual è l’obiettivo della specifica realtà.
La scuola, più di ogni altra, ha l’obiettivo di creare valore, valore culturale ed artistico, disciplina, insegnamento di metodi e tecniche della più svariata forma che arricchiscano gli studenti, ognuno con le proprie peculiarità e bisogni specifici: non c’è valore più importante di quello di formare le nuove generazioni.
L’Education Marketing si propone di avvicinare le parti oggetto di questi scambi: si cerca di comprendere meglio gli studenti, di rendere migliori i servizi a loro offerti, di creare canali di ascolto e comunicazione più efficaci per rendere più soddisfacente per tutti (insegnanti, studenti e personale) l’esperienza educativa.
“Credo in un modello di scuola diverso da quello da voi proposto: un’istituzione, non un’azienda o peggio, “negozio” dove vengono esposte e vendute mercanzie.”
Uno dei dibattiti più importanti su cui gli esperti di Education Marketing insistono (e noi di Education Marketing Italia siamo in prima linea) è quello che riguarda il grosso pericolo di mercificazione dell’educazione: ne parliamo in dettaglio in questo articolo (link).
Per chiunque lavori a contatto con le scuole, è evidente che non c’è nulla di più lontano dall’idea di un “negozio” quanto le realtà accademiche: la cultura certamente non può essere considerata una merce, ed anzi, è un rischio di cui essere coscienti e da evitare a tutti i costi. Investire nel marketing scolastico non vuol dire vendere la propria anima al “diavolo aziendale”: i valori e la filosofia che rendono la missione insegnamento così nobile ed importante per la società sono proprio i messaggi più importanti da trasmettere, anche attraverso un approccio di marketing. Raggiungere più efficacemente il pubblico può ancor più consentire di far comprendere gli obiettivi della propria realtà scolastica, e capire a propria volta le esigenze dei propri studenti attuali e futuri.
“Voi volete solo forza lavoro… noi vogliamo cittadini! Queste sono logiche da “addestramento”, perché è questo ciò che si vuole: far uscire dalla scuola formiche addestrate al lavoro.”
Noi, intesi come professionisti ed esperti di Education Marketing, siamo assolutamente dal lato di chi abbia interesse a migliorare (laddove ce ne sia bisogno) e supportare la formazione degli studenti. Non c’è interesse politico o aziendalistico in questo: non c’è un obiettivo di “standardizzazione” delle menti o “mercificazione” della cultura in quello che proviamo a fare.
Siamo perfettamente consapevoli dell’importanza che l’educazione ha per la società, nel fine di formare le generazioni di cittadini futuri: il marketing non interviene in nessun modo nella ridefinizione di questa mission, anzi, vuole proprio valorizzarla e comunicarla con efficacia!
“Non conta ciò che dicono i ricercatori. Conta ciò che diciamo noi docenti: in classe lavoriamo e osserviamo noi, non loro.”
I docenti sono di gran lunga tra le figure più importanti della realtà accademica, così come i medici ed infermieri rappresentano figure di rilievo imprescindibili nel settore sanitario: è impossibile immaginare gli ospedali senza medici o le scuole senza docenti, così come è impossibile immaginarla senza studenti. Come per qualsiasi servizio, specialmente quelli di pubblica utilità, l’erogatore del servizio è tanto importante quanto colui che ne usufruisce: se da un lato c’è il diritto all’istruzione, dall’altro c’è la conoscenza e la volontà di mettersi al servizio della trasmissione della cultura.
Ascoltare le esigenze, le opinioni e le esperienze dei docenti è dunque ciò che ogni dirigente scolastico, ogni Ministro dell’istruzione dovrebbe fare per garantire un servizio sempre migliore, per favorire la formazione delle generazioni future.
Riprendendo l’esempio sanitario, però, spesso (o sempre) i medici beneficiano del lavoro dei ricercatori – a loro volta medici – che portano avanti la conoscenza di settore con nuove scoperte, nuove tecniche, nuove attrezzature che rendono il lavoro più efficiente ed efficace: nell’istruzione ciò non è diverso. La ricerca nel settore educativo (normalmente condotta da altri docenti!) non ha altro obiettivo che quello di aiutare i colleghi docenti ad avvicinarsi agli studenti in modi nuovi ed efficaci, a coinvolgerli diversamente, a trovare metodi e tecniche di insegnamento che portano a risultati di apprendimento migliori.
Il nostro obiettivo è quello di diffondere quelle che a nostro parere sono innovazioni tecnologiche e di approccio che portano ad un avvicinamento tra docenti e studenti, perché il marketing altro non è che l’individuazione di una soluzione per un problema, che possa anche essere di apprendimento o coinvolgimento, a beneficio unico ed esclusivo di coloro che prendono parte allo scambio di valore: studenti e docenti.
E allora, perché investire in marketing? Beh, per lo stesso motivo per cui si investe (o almeno, si dovrebbe investire) in libri, materiale didattico ed in infrastrutture scolastiche. Si investe per migliorare, per trovare alternative a modelli e sistemi che portano a sprechi di risorse perché non adeguati; si investe per comunicare meglio, nell’interesse dei docenti e degli studenti, per offrire loro una scuola che li ascolti meglio e che provi ad offrire soluzioni per le loro esigenze, per le esigenze di una società che sta cambiando a ritmi vertiginosi.
“Si dice che il marketing non è vendere, ok: non ha un obiettivo di vendita, ma di acquisizione iscritti, perché senza iscritti la scuola muore. Ma considerando questo, non diventerebbe una gara fra scuole su chi fa marketing migliore?”
Crediamo che non ci sia da demonizzare la competizione a tutti i costi: un ragazzo o una mamma che devono scegliere un’università o una scuola con ogni probabilità seguiranno le logiche di quello che è il processo d’acquisto, ovvero raccoglieranno informazioni, osserveranno le alternative a disposizione, valuteranno i pro e i contro di ciascuna alternativa, fino probabilmente ad arrivare a due istituti a confronto, e alla fine selezioneranno quello che meglio si adatta alle proprie esigenze.
Volente o nolente, le scuole già competono nella mente di ciascuno studente e di ciascun genitore.
Fare marketing non vuol dire “fare le scarpe” ad un’altra scuola e sgomitare per chi vince, vuol dire semplicemente esser presenti al momento delle valutazioni dello studente o del genitore fornendo la migliore comunicazione possibile, fornendo informazioni e presentandosi al meglio per far sì che sul piatto della bilancia ci sia tutto il valore realmente offerto dalla scuola. Tutto qua: fare marketing vuol dire analizzare il proprio valore offerto (docenti d’eccellenza? doposcuola? attività pomeridiane? sport? aule multimediali? spazi verdi? per dirne alcune) e fare in modo di comunicare verso l’esterno tale valore.
Il marketing può davvero esistere anche nella scuola dell’obbligo? Forse il mondo delle università è più indicato?
A nostro modo di vedere, è possibile e necessario pensare ad un modello di marketing che possa applicarsi anche nella scuola dell’obbligo: la scuola già comunica, lo fa continuamente – in modo più o meno consapevole. Crediamo sia necessario iniziare a ragionare sulla necessità di avere all’interno dello staff (come si reputa necessaria la presidenza, la segreteria, la docenza, il personale tutto) anche qualcuno che sia deputato alla comunicazione, che lo faccia con competenza ed in modo strategico, che sappia utilizzare parole, immagini, contenuti per veicolare significati ed informazioni.
La scuola non affiderebbe mai a persone non competenti in materia la docenza di scienze e va da sè che è abbastanza paradossale affidare invece ad un docente, ad esempio, l’organizzazione di un open day o la creazione di contenuti per il web: semplicemente non è il suo lavoro.
Sicuramente le università già fanno di più, ma non si può ignorare che anche una mamma voglia poter scegliere la scuola che reputa migliore per il proprio figlio/a, avendo a disposizione il maggior numero possibile di alternative. Il compito delle scuole è dunque farsi trovare, essere proattive nell’offrire questo tipo di informazioni, e ciò è valido – a nostro parere – dagli asili nido fino ai master MBA.