Nel post precedente abbiamo dato uno sguardo generale alla classifica mondiale delle università 2013/14, oggi daremo un’occhiata più da vicino alla posizione in classifica delle nostre università, scoprendo subito che: nessuna università italiana rientra nelle prime 200 classificate!
È necessario scorrere fino al 220° posto per vedere il Belpaese in classifica con l’Università di Trento. Seguono l’Università Statale di Milano-Bicocca al 234° posto, l’Università di Trieste al 242°, l’Università di Torino al 244°, l’Università di Pavia al 269°, al 277° l’Università di Bologna, al 291° il Politecnico di Milano, al 288° l’Università Statale di Milano e dal 328° al 331° Padova, Pisa, Salento e La Sapienza; Bari, Ferrara e Firenze appaiono nell’ultimo gruppo da 350 a 400.
Dinnanzi a questo sconsolante panorama possiamo solo dire che rispetto all’anno scorso, nel complesso, le università italiane sono tutte migliorate, infatti nel 2012/13 non figuravamo nemmeno nei primi 250 posti (le prime erano la Statale di Milano e Milano-Bicocca rispettivamente al 260° e 261° posto).
È doveroso perciò fare i complimenti all’Università di Trento che ha scalato ben 77 posizioni in classifica, migliorando in tutti i campi, e che deve questo salto soprattutto al grande miglioramento (+9,4%) nel campo “citazioni”, quindi per il lavoro fatto sia a livello qualitativo che quantitativo nel diffondere la conoscenza prodotta al proprio interno.
Milano-Bicocca, invece, deve il proprio salto in avanti in gran parte al miglioramento della propria attrattiva ed influenza in ambito internazionale.
Infine anche Trieste, come Trento, deve il proprio avanzamento al miglioramento del valore e della fama della propria produzione intellettuale.
Sebbene il paragone non sia molto “sportivo” nell’immagine qui accanto abbiamo messo a confronto la prima in classifica con la prima università italiana piazzata: ciò rende l’idea del distacco abissale (e sconsolante) che c’è tra le due.
Concludendo possiamo solo augurarci che l’Europa cambi rotta e che l’Italia smetta di affidare le sorti delle proprie università agli sforzi e alla dedizione dei singoli atenei. Sebbene ciò si senta dire da molto tempo, crediamo sia utile ribadirlo: le sorti future del nostro Paese e quelle del continente che lo ospita sono legate a doppio filo agli investimenti in cultura, innovazione e conoscenza; senza investimenti la caduta è (e sarà) inevitabile.
Un’ultima cosa per noi addetti al marketing: è vero che spesso le questioni si riducono ai “mezzi” (più esplicitamente, al budget) ma è anche vero che non possiamo più limitarci alle sole operazioni finalizzate alle iscrizioni, è compito anche nostro quello di migliorare l’efficienza del foundrising per la ricerca e di spingere le università per cui lavoriamo ad investire di più nella propria immagine internazionale e nei servizi offerti agli studenti.
Una riflessione banale se non incentiviamo lo sviluppo di corsi di laurea in inglese non riusciremo mai a competere seriamente e ad attrarre studenti dall’estero. Mi chiedo cosa aspetti l’Italia ad impegnersi seriamente su questo fronte.
Concordiamo pienamente Roberto, un’occasione per implementare l’utilizzo dell’inglese è sicuramente rappresentata dall’esplosione dei corsi online (MOOC), sia universitari che non. Stiamo per pubblicare un articolo in merito.