Sguardi futuri: cosa ne sarà dell’istruzione universitaria nel 2034?

Quali Università che sopravviveranno nel futuro? 7 tipologie individuate in 4 scenari dall’utopico al distopico.

scenari futuri università
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In questo post vogliamo proporvi un interessante giochino speculativo estrapolando dei concetti chiave da alcune grandi organizzazioni britanniche che si occupano di istruzione universitaria, servizi agli studenti e offerte residenziali: “Living and Learning in 2034: a Higher Education Futures Project”.
Il futuro dipinto in questo paper si divide in 4 scenari che vanno dall’utopico al distopico: un futuro in cui crescita, interscambio, collaborazione e centralità dell’istruzione universitaria saranno le basi per una vita migliore; un’altro in cui la stagnazione economica creerà una grande quantità di studenti-lavoratori part-time, e l’aspetto collaborativo e cooperativo farà da collante e da ammortizzatore sociale; un futuro distopico in cui stagnazione economica e competitività sociale porteranno ad un drastico abbassamento del numero di studenti universitari, ad una profonda differenziazione sociale, i percorsi formativi dureranno solo 18 mesi e saranno principalmente orientati al lavoro; infine un’economia in crescita in una società competitiva che porterebbe alla formazione di studenti estremamente motivati e focalizzati sull’obbiettivo di carriera, tutto in funzione della massima resa.

Questi sono scenari naturalmente semplicistici ma ci è parso un utile esercizio teorico su ciò che (ci) potrebbe riservare il futuro.

Oltrepassando le grandi visioni socio-economiche, una delle parti più interessanti di questo lavoro è per noi quella relativa alle diverse tipologie di università che potrebbero popolare il Regno Unito nel 2034, si parla di UK ma possiamo immaginarle come archetipi globali; il report ne individua 7:

  • Global Elité: i mostri sacri, le università che hanno un nome e una tradizione talmente radicata da potersi permettere di investire continuamente contando su finanziamenti e donazioni, ignorando la crisi e lo spostamento del potere economico globale. Queste istituzioni avranno investito moltissimo nelle strutture di residenza, attraendo studenti da tutto il mondo e puntando a tenerli nei propri campus. In UK ne rimarrebbero meno di 5, in Italia non siamo sicuri che ce ne siano neanche adesso.

 

  • Local First: la minor propensione della maggioranza degli studenti a spostarsi (soprattutto per un fattore economico) e la necessità di abbassare i costi di gestione, costringerà molte università a puntare tutto sulle risorse locali, instaurando legami con le istituzioni scolastiche di grado inferiore e con l’economia locale, rinunciando ai campus e puntando molto anche sui corsi online. Alcune di queste realtà si affideranno a delle specializzazioni, creando delle reti con altre università estere con la stessa specializzazione e spingendo i propri studenti e ricercatori a collaborare online con l’esterno. Questo è uno scenario che potremmo ritenere plausibile per buona parte delle università italiane.

 

  • Global Niche: sempre in questo ipotetico futuro, alcune università diventeranno super specializzate a livello mondiale in alcune nicchie specifiche, offrendo un insegnamento basato su esperti mondiali, ricerca avanzata e forti legami con il mondo del lavoro e dell’industria. Gli studenti sarebbero orientati alla carriera e disposti a spostarsi in tutto il mondo, la loro accoglienza dovrebbe essere flessibile, aperta a spostamenti per lavoro e stage e quindi le università concentrebbero le risorse sulla didattica, appaltando il segmento residenziale a realtà esterne. Con una forte progettualità (finora non pervenuta) modellata su alcune nicchie di eccellenza, anche questo potrebbe essere uno scenario plausibile – e forse auspicabile – per alcune realtà italiane.

 

  • Regional Anchor: la vocazione regionale di questo tipo di università sarà quasi esclusivamente orientata al mercato del lavoro; in qualità di rappresentanti e traino delle regioni in cui risiedono, queste istituzioni faranno da legame tra l’economia regionale e quella globale, puntando sulla ricerca, l’innovazione e l’impresa e creando corsi sempre al passo con l’evoluzione del mercato globale. Ovviamente la maggior parte degli iscritti saranno su base regionale, il livello dell’accoglienza degli studenti provenienti da altre regioni sarebbe proporzionata alla retta e probabilmente gestita attraverso collaborazioni con realtà residenziali locali. Immaginiamo che in Italia questo tipo di realtà potrebbero essere private e localizzate per lo più nel nord del Paese.

 

  • Global Networker: nel 2034 alcune università saranno assorbite da università straniere, o accorpate in un network globale caratterizzato da una popolazione studentesca in movimento e da classi decisamente internazionalizzate. Per questo motivo l’accoglienza residenziale, che sia interna o esternalizzata, avrà una forte sensibilità verso le differenti culture e i relativi servizi offerti, senza tralasciare un’alta flessibilità per quanto riguarda i periodi di permanenza degli studenti. Questa è un’ipotesi che potrebbe calzare a pennello per la nostra realtà, in mancanza di investimenti interni saranno le università straniere a sfruttare l’opportunità di assorbire i nostri atenei nei loro networks.

 

  • Research Focused: saranno atenei orientati esclusivamente alla ricerca, con respiro internazionale e basati su un percorso accademico classico, insomma il paradiso degli studiosi: università in cui la dedizione alla materia e il numero di pubblicazioni annue saranno i punti fermi della filosofia accademica. A dispetto delle politiche degli ultimi lustri, questa è la vocazione più naturale delle nostre università; certo, facendo una previsione basata sullo stato odierno delle cose, nel 2034 questo tipo di atenei sarebbero estinti.

 

  • Corporate Partner: quest’ultima categoria immaginata è la meno legata ad una visione tradizionale del percorso universitario: si tratta di un tipo di percorso incorporato in quello aziendale. Le aziende punteranno alla formazione di lavoratori disegnati per le proprie esigenze d’impiego, costruendo assieme alle università dei programmi formativi misti, fatti di corsi online e in azienda, alternati a periodi più o meno lunghi di formazione intesiva in università. La natura flessibile del rapporto tra studente e università renderà anche molto variabile l’offerta rispetto all’aspetto residenziale e dei servizi offerti.

Si può facilmente intuire come quest’ultima modalità possa essere la novità più plausibile per il futuro, rispondendo all’esigenza di una formazione sempre più job oriented, flessibile, e che riduca il tempo passato a studiare a favore di quello passato in azienda.

Questo lavoro britannico è sicuramente uno stimolo a riflettere: voi che scenari vedete per il mondo della formazione da qui al 2034?

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Edoardo Bianchi

Consulente Senior e fondatore di Education Marketing Italia. Quando lavoro con le persone mi occupo di Design Thinking, UX e progettazione strategica. Quando siamo io e lo schermo mi occupo di UX Design, content e copywriting.

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