L’età giovanile sembra non essere più il periodo dedito solo al divertimento e ai pensieri leggeri. Dopo il periodo della pandemia Covid, il disagio psicologico tra gli studenti universitari è in veloce crescita. È una generazione che si mostra fragile, ma allo stesso tempo pronta a superare le tante remore legate ai problemi di salute mentale (leggi anche Scuola e post pandemia: ricostruire i rapporti scuola-studenti con l’aiuto della psicologia).
La situazione nei campus delle università statunitensi
Le statistiche elaborate dai centri di ricerca americani rivelano numeri inquietanti e in crescita nella fascia d’età universitaria.
Active Minds (associazione no profit nata per occuparsi della salute mentale degli studenti universitari), afferma che il 39% degli studenti sperimenta almeno un significativo episodio di problema legato alla salute mentale.
I due anni della pandemia hanno, probabilmente, acuito eventuali disagi, che comunque erano già presenti tra i giovani: secondo l’agenzia Reuters, tra il 2017 e il 2018, i casi di depressione, autolesionismo e pensieri suicidi, è raddoppiato. 1 studente su 4 dichiara di avere un disturbo mentale, i tentativi di suicidio sono passati da 0,7 a 1,8%, la depressione è aumentata dal 9,4 a 21,1%. Coloro che accedono a trattamenti di cura raggiungono il 34%, rispetto al 19% degli anni precedenti.
La depressione è il problema riscontrato più frequentemente tra gli universitari, per molti il periodo universitario rappresenta proprio il momento nel quale viene sperimentata per la prima volta. Nonostante il 27% dichiari apertamente di esserne affetto, si suppone che la percentuale possa essere ben più alta. L’American College Health Association (ACHA), ritiene che ansia e depressione siano i principali ostacoli al rendimento negli studi. Questo espone i soggetti ad un maggiore rischio di abuso di sostanze tossiche e a pensieri suicidi. Secondo i dati ACHA, 65,7% degli studenti ammette di aver provato “ansia travolgente” raddoppiata negli ultimi 10 anni.
Dato inquietante quello riguardante il suicidio, che risulta la seconda causa di morte tra i giovani universitari statunitensi, con un tasso triplicato negli ultimi 70 anni. Nel 2019 il 13% ha ammesso di aver considerato la possibilità di porre fine alla propria vita nei 12 mesi precedenti. La percentuale aumenta tra gli studenti transgender e bisessuali, i quali ammettono di compiere anche atti di autolesionismo pari a 2/3 degli intervistati nel primo caso e più del 50% nel secondo.
Secondo gli studi del Medical Care Research and Review, altri gruppi sembrano essere più esposti al disagio psichico, come gli studenti asiatici, gli studenti particolarmente religiosi, e meno abbienti.
Quali sono le cause dei disturbi psichici tra gli studenti?
Si potrebbe parlare di una sorta di epidemia dei disturbi mentali che sta contagiando i campus americani.
Le principali cause sono rintracciabili nella pressione avvertita nel portare avanti gli studi, il timore di non ottenere dei buoni risultati, oltre che nelle preoccupazioni economiche riguardanti la difficoltà di vivere lontano da casa. A queste si aggiunge la paura relativa all’incertezza per il futuro a causa dell’instabilità del mercato del lavoro.
Fattori che probabilmente erano già presenti tra gli universitari dei decenni precedenti, ma che hanno subito un’impennata a causa dello stile di vita contemporaneo. Il dott. Steve Ilardi, ipotizza infatti che, uno stile di vita sedentario, vissuto al chiuso, con poco sonno, socialmente isolato, frenetico, con un’alimentazione derivante perlopiù da fast-food, favorisca le malattie mentali, in particolare la depressione. Mangiare male, dormire poco, non fare attività fisica, provoca un’alterazione dei ritmi sonno-veglia, che contribuisce ad aumentare il livello di cortisolo, l’ormone dello stress, causa di possibile depressione.
Le soluzioni per aiutare gli studenti
I medici ritengono che le cause evidenziate come possibili elementi scatenanti dei problemi mentali, fossero in realtà presenti già decenni fa.
Ad alzare i numeri, contribuisce anche la minore reticenza nell’esporsi parlando di tali temi, da parte dei ragazzi di oggi. In passato i problemi di salute psichica erano legati allo stigma della vergogna, con tendenza ad evitare la richiesta di aiuto.
Oggi le università americane, e le istituzioni in generale, si mostrano più attente al problema. In ogni campus universitario americano sono presenti dei centri di consulenza psicologica, ma il 37% degli studenti dichiara di tenere nascosti i propri problemi psichici. Il numero dei professionisti, inoltre, è ancora insufficiente, considerando che il rapporto consulente psicologico-studenti è di 1:1500.
Il Mental Health Association di New York ha lanciato un programma online per aiutare gli educatori a comprendere e quindi a prepararsi al meglio nel fornire supporto alla salute mentale degli studenti.
La situazione nelle università italiane
Anche nel nostro Paese la situazione non è rosea. A dipingerla come tale, contribuiscono diversi fattori: la lontananza da casa, la difficoltà nel trovare un nuovo equilibrio di vita e far fronte alle spese, trovare un lavoro, portare aventi lezioni, esami e tirocini, oltre che la preoccupazione legata ai test di ammissione.
Un questionario psicologico sottoposto dall’università Statale di Milano, nel 2022, a 7096 studenti, ha mostrato che il 32% è insoddisfatto della qualità della propria vita. “Questi dati indicano un malessere diffuso, che nel tempo può predisporre a una diminuzione della volizione e della motivazione, a un abbassamento dell’autostima, a un aumento dello stress, e anche a problematiche ansiose o depressive”, spiega la prof.ssa di Psicologia generale, Ilaria Cutica, curatrice del progetto. Il 48% ammette di provare ansia da prestazione fonte di peggiori prestazioni accademiche, mancanza di concentrazione, senso di panico, inquietudine e sintomi somatici.
Il 47% degli studenti ammette di aver cercato aiuto, di questi il 23% ha fatto consulenza e il 24% ha iniziato un percorso di psicoterapia.
Gli studenti delle scuole italiane sono i più stressati d’Europa
I problemi di salute mentale non riguardano solo gli studenti universitari. Gli allievi delle scuole italiane appaiono, infatti, particolarmente stressati, con incidenza superiore rispetto alla media europea (leggi anche Mindfulness in classe).
Il report OCSE 2022 mostra che, in uno studio condotto su 3651 studenti, il 70% di essi si dichiara preoccupato riguardo la propria situazione di studente, rispetto al 56% della media europea. Il 56% ammette di essere nervoso riguardo alle verifiche da svolgere in classe, percentuale ben più alta rispetto al 37% europeo. Molti dichiarano di vivere attacchi di panico causati dalla paura delle valutazioni dei professori.
Secondo i dati Unicef, il 15% degli studenti ha ricevuto una diagnosi di disturbo mentale, nel 40% dei casi relativo ad ansia e depressione.
Le cause del malessere appaiono radicate nella società, basata sulla competizione aumentata dalla pressione dei voti. Molti lamentano un sistema di valutazione uniformante, che non tiene conto delle singolarità. Curiosa la sperimentazione attivata dal liceo Morgagni di Roma con una sezione sperimentale senza voti.
La percezione del “benessere soggettivo” attraverso i risultati del Rapporto BES
Leggendo i dati relativi agli indicatori dell’ultimo Rapporto BES, si nota che la percezione del benessere ha subito una flessione tra i giovanissimi, rispetto al 2019. Il 58,2% tra 14 e 19 anni si dichiara, infatti, insoddisfatto della propria vita.
Le previsioni per il futuro risultano essere ancora più nere: nel 2022 si registra, infatti, il più alto decremento annuale degli ottimisti. Aumenta la quota di quanti pensano che la qualità e il benessere della propria vita peggiorerà nei prossimi 5 anni. I più ottimisti circa il futuro sono i giovani del nord-ovest 31%, mentre i meno ottimisti quelli del sud 10%.
Nel 2021 il 26,8% dei sedicenni ha dichiarato di essersi sentito solo: il 6,5% quasi sempre, il 20,3% per una parte del tempo.
Una fotografia della Generazione Z tutt’altro che incoraggiante, “d’altra parte, gli stessi fenomeni di bullismo, violenza vandalismo a opera di giovanissimi che negli ultimi mesi hanno occupato le cronache, sono manifestazioni estreme di una sofferenza e di una irrequietezza diffuse e forse non transitorie”, afferma Gian Carlo Blangiardo, Presidente Istat.
Come risolvere il problema?
Secondo i dati l’Unione degli studenti (UDS) l’83% delle scuole non ha attivato particolari soluzioni. Nella maggior parte delle scuole pubbliche è presente uno sportello di consulenza psicologica. In molti casi, però, gli studenti si dimostrano restii a rivolgersi ai professionisti se necessitano dell’autorizzazione dei genitori.
UDS propone di rivedere i percorsi PCTO “che pongono gli individui in una condizione di stress sempre maggiore”. I portavoce sottolineano che “sia necessario mettere maggiormente al centro nuove metodologie didattiche come l’educazione fra pari, l’interdisciplinarietà, il rapporto con il territorio, l’utilizzo di laboratori scolastici, la scrittura collegiale del Piano dell’Offerta Formativa”. Necessario è rivedere le valutazioni come “un confronto fra docente e studente riguardo eventuali lacune di quest’ultimo e un approfondimento sulle cause di determinate difficoltà”.
La Ministra dell’Università e della Ricerca, Anna Maria Bernini, ha affermato che saranno istituiti presìdi psicologici di sostegno agli studenti in forma stabile.
Nel frattempo, il 22 marzo, la Rete degli studenti medi e l’Unione universitari hanno avanzato, alla Camera dei Deputati, la richiesta di regolare un servizio di assistenza psicologica, psicoterapeutica e di counseling scolastico e universitario, che si interfacci con il sistema sanitario nazionale.
Anche gli istituti universitari iniziano a mobilitarsi. L’Università Insubria, ha lanciato da pochi giorni il video “Believe”, un messaggio alle future matricole a non lasciarsi sopraffare dalle ansie. “Un invito ad essere sé stessi e confidare nelle proprie forze, con il sostegno dei professori e dei compagni di corso”, ha sottolineato il Magnifico Rettore Angelo Tagliabue.
La migliore strada percorribile sembra, dunque, quella del dialogo e del sostegno psicologico.