Entro fine settembre, appena sarà acquisito il parere dell’organo consultivo della scuola Cspi, il Ministro dell’istruzione Stefania Giannini firmerà il nuovo decreto sui cosiddetti licei brevi. Si tratta dell’estensione della sperimentazione riguardante la riduzione degli anni scolastici della scuola superiore: 4 invece che 5, in modo che, come già avviene nella maggior parte dei paesi dell’Europa occidentale, anche gli studenti italiani finiscano gli studi ad anni 18 e possano conseguire il diploma di laurea (triennale) a 21.
La rimodulazione dei cicli scolastici era diventata legge già nel 2000 (legge n. 30) quando il ministro Luigi Berlinguer prevedeva di accorpare in un ciclo unico di 7 anni elementari e medie. Tuttavia, la riforma fu seppellita da Letizia Moratti l’anno dopo. L’argomento ritornò in auge con il ministro Profumo che avvallò la sperimentazione attuata poi dal ministro Carrozza nel settembre 2013, anno in cui partono 11 scuole con i nuovi programmi abbreviati i cui studenti dovrebbero frequentare quest’anno l’ultimo anno di studi.
Quest’anno dunque, il ministro Giannini dà un nuovo via: scuole statali e scuole paritarie, siano esse licei, professionali o tecnici, potranno partecipare al bando, attraverso il quale verranno selezionate le 60 classi prime che nell’anno scolastico 2016/2017 cominceranno un percorso di studi che consentirà agli studenti di anticipare il diploma di un anno. Un comitato scientifico regionale valuterà i progetti vincitori delle scuole che si presenteranno come istituti di eccellenza: le offerte formative dovranno distinguersi per un elevato livello di innovazione, utilizzo delle tecnologie e attività laboratoriali e sviluppo delle eccellenze; gli studenti delle classi sperimentali dovranno partecipare alle iniziative di maggior prestigio, summer school e olimpiadi. Fondamentale sarà il potenziamento dell’insegnamento di una disciplina in lingua straniera a partire dal terzo anno di corso. Si prevede inoltre che vengano significativamente intensificati i percorsi di alternanza scuola-lavoro e di partnership con le imprese.
L’obiettivo della sperimentazione è rendere gli studenti più competitivi in vista dell’inserimento nel mondo del lavoro e migliorare così il livello di occupazione dei giovani ma i sindacati si dimostrano contrari in quanto leggono in questa operazione severi rischi di riduzione di organico.
In Europa la struttura dell’istruzione ha le sue peculiarità in ogni Paese: cicli e gradi non corrispondono e fare confronti tra il nostro e altre formule di suddivisione degli anni scolastici è molto difficile. Nonostante tutta questa disomogeneità, c’è una costante: quasi ovunque, le scuole equivalenti ai nostri licei e istituti superiori non durano più di quattro anni e anche per questo vale la pena riflettere positivamente sulla possibilità di accorciare gli anni di studio.
Ci si augura ovviamente che siano selezionate le 60 scuole che sapranno stimolare l’apprendimento e il potenziale intellettivo dei giovani attraverso programmi formativi davvero più efficaci e all’avanguardia, che sappiano migliorare la capacità di ragionare senza sacrificare la quantità dei contenuti sui cui farlo perché il timore, lecito, è che la riforma non abbia altri effetti che la riduzione dei programmi con un progressivo abbassamento delle soglie di qualità dell’apprendimento. La fiducia allora va riposta negli istituti, nella preparazione e nel buon senso di docenti e direttori scolastici perché, purtroppo, le scelte politiche al riguardo si sono sempre dimostrate ben poco incisive nel risollevare le sorti del nostro sistema scolastico.