I rapporti tra genitori e figli negli ultimi anni sono cambiati.
In molti ambiti, con diverse sfaccettature e per diverse motivazioni; questo articolo non vuole essere un trattato pedagogico o inerente alla psicologia dell’educazione, bensì un articolo che possa fornire interessanti spunti di riflessione a tutti coloro che gestiscono realtà formative e devono fare i conti con i cambiamenti repentini che vive la società di oggi, complice anche l’impatto che le nuove tecnologie – e principalmente i social networks – hanno avuto nel rapporto tra genitori e, appunto, figli.
Diversi studi hanno mostrato come i due poli della famiglia (genitore-figlio) siano sempre più interconnessi tra loro: basti pensare a quanti genitori controllano i profili social dei figli (nei quali spesso risultano essere presenti nella cerchia degli “amici”), oppure alla mole di messaggi che viene scambiata quotidianamente…una cosa che solo qualche anno fa era impensabile.
A ciò, aggiungiamo anche il fatto che la società di oggi (e molti psicologi hanno scritto saggi davvero apprezzabili su questo) tende a far sì che il genitore venga iper-coinvolto nelle decisioni che deve prendere il figlio: anni fa i figli acquisivano l’autonomia prima, ora si tende a mantenere una funzione di controllo o supervisione ben oltre il limite della maggiore età.
Ciò comporta che sempre più i genitori abbiano un ruolo fondamentale nella scelta del futuro formativo del figlio.
In ultimo, ma non meno importante, c’è la dipendenza economica che i figli hanno nei confronti dei genitori: oggi è molto difficile, dati economici alla mano, per un ragazzo fresco di diploma di maturità avere un’autonomia economica che lo porti a decidere a quale ateneo iscriversi senza prendere in considerazione la possibilità di farsi aiutare (per non dire spesare in toto) il pagamento delle rette universitarie.
Con queste premesse è abbastanza intuitivo che oggi “il boccino”, “il coltello dalla parte del manico”, “il timone” (mettete la metafora che più vi aggrada), è tutto sbilanciato dalla parte di chi, materialmente, si sobbarca i costi economici del futuro percorso formativo: il genitore.
Quindi, il punto centrale che deve essere messo ben in evidenza è che iscriversi ad un’università rispetto che ad un’altra, oggi più che mai, è una scelta condivisa.
Condivisa tra genitore e figlio.
Bene, ora che sappiamo questo, la domanda fondamentale è: cosa fanno le università per condizionare positivamente i genitori?
Per rispondere a questa domanda, basta fare una rapida ricerca su internet e vedere quali strategie attuano i migliori atenei mondiali – quelli anglosassoni, of course.
Tutti hanno una sezione parents all’interno del loro sito, con tanto di link ben visibile in homepage (provate a guardare Harvard o Princeton, per fare due nomi).
Ci sono moltissimi articoli di esperti in education marketing che mettono in risalto la funzionalità delle azioni intraprese da queste università:
- dare informazioni pertinenti, utili e condizionanti rispetto al giudizio sulla scuola
- creare un network dei genitori affinché possano scambiarsi i feedback su come i loro figli vivono l’esperienza universitaria
- portare i genitori ad eventi specifici per mostrar loro la qualità dell’ateneo
In alcuni campus americani hanno creato delle cerimonie per salutare i genitori che hanno accompagnato i figli e li rivedranno dopo mesi; ovviamente questa è una peculiarità derivante dalla strutturazione dei campus statunitensi ma è indicativo e rende l’idea di come il genitore sia al centro degli interessi della scuola stessa, soprattutto perché in futuro egli potrà essere anche un donatore e, negli States, questo è un aspetto di principale importanza.
Senza contare che un genitore orgoglioso dell’università che frequenta il figlio è il migliore promoter che si possa avere!
E allora, perché non mettere i genitori dei vostri studenti nelle condizioni di fare branding per voi?