Ci sono quasi 9000 scuole in Italia che sono in difficoltà. Sorgono nei comuni poco popolosi delle isole meno popolate o incuneati tra le montagne, con servizi di mobilità pubblica ridotti e caratterizzati da isolamento geografico: sono territori svantaggiati. Date queste caratteristiche, lo spopolamento accelera, l’occupazione lavorativa si riduce, così come l’offerta locale di servizi sia pubblici che privati. Nelle scuole le classi vengono accorpate con alunni di età diversa e la stabilità delle cattedre è precaria. L’ambiente di apprendimento è percepito come “troppo ristretto” e non sufficientemente adeguato a stimolare capacità di apprendimento e socializzazione. I ragazzi in queste realtà sono circa 600.000. Come gestire il problema? Distribuendoli in altri istituti, in plessi più grandi, più strutturati.
È una scenario che ha ben presente INDIRE, l’Istituto Nazionale di Documentazione, Innovazione e Ricerca Educativa, che, in controtendenza all’orientamento di pensiero che sembrerebbe più logico, nel 2017 ha promosso una rete nazionale per supportare le così nominate “Piccole Scuole”.
INDIRE crede infatti nelle potenzialità di questi luoghi che, secondo l’Istituto, garantiscono:
- un livello qualitativo di vita e un benessere ambientale molto più alti rispetto alle grandi città
- una facilitazione degli spostamenti con conseguente riduzione di tempi di percorrenza e traffico
- uno stile di vita sano a livello psicofisico
- un incremento della socializzazione
- una più ampia collaborazione tra scuola e associazioni del territorio
- la creazione di economia per i piccoli commercianti di paese.
Il manifesto delle piccole scuole
INDIRE decide quindi di superare la mancanza di stimoli e l’isolamento strutturando dei programmi didattici diversi che usino l’innovazione e le tecnologie per creare ponti, contatti e puntare così all’inclusività. “I caratteri originali delle scuole piccole” dichiara l’Istituto nel manifesto “sono particolarmente utili per un’accelerazione dei processi di innovazione che sono in corso in tutte le scuole della rete delle Avanguardie Educative. Questo perché il numero ridotto degli studenti rappresenta certamente un elemento di vantaggio per l’avvio di innovazioni curricolari che permettano un’organizzazione più flessibile dei percorsi di apprendimento”.
In particolare, sono stati individuati due modelli: la didattica condivisa e l’ambiente di apprendimento allargato. Entrambi sono pensati per le scuole secondarie, e sono adattabili a differenti esigenze territoriali. Consentono di potenziare competenze comunicative e di scrittura degli studenti tramite strumenti di comunicazione asincrona e sincrona.
La didattica condivisa
La didattica condivisa prevede l’uso quotidiano della videoconferenza tra due o più classi appartenenti a istituzioni scolastiche diverse. Le possibilità d’uso sono molteplici e contemplano collegamenti in classe tra studenti di altre scuole, con alunni impossibilitati ad essere in aula, e anche incontri a distanza con esperti disciplinari o tutor.
L’ambiente di apprendimento allargato
L’ambiente di apprendimento allargato, invece, prevede una o più classi al lavoro su un progetto comune. Si organizzano incontri periodici tra docenti, studenti e/o esperti e diventa quindi una metodologia complementare all’insegnamento di tipo tradizionale.
Implementare soluzioni tecnologiche nelle scuole dei piccoli Comuni significa potenziarne la vitalità e puntare sulla rigenerazione, lenta ma concreta, di tutto il territorio e quindi rendere attraente la scelta di restare a popolare queste aree a rischio.
“Garantire a tutti un’istruzione di qualità è uno degli obiettivi di un paese moderno” recita il manifesto delle Piccole Scuole di INDIRE. Decidere di investire sull’innovazione di metodi e strumenti in queste realtà è una scelta non solo efficace ma anche eticamente corretta visto che la tecnologia non risulterebbe un “di più” ma un bisogno primario.