Durante Fiera Didacta, abbiamo raccolto tante storie ed esperienze, successi e difficoltà dei partecipanti: settimana scorsa vi abbiamo proposto tre esperienze che, per motivi diversi, contenevano spunti interessanti, efficaci ed innovativi.
Quest’oggi vogliamo invece evidenziare alcune problematiche che sono emerse, che risultano piuttosto comuni all’interno delle realtà formative.
Il primo problema che ci è stato raccontato, da una realtà legata al mondo dell’insegnamento della musica e dell’orchestra, è legato alla comunicazione: come si fa a trasmettere l’idea che si ha un’offerta di qualità, ricca e di grande potenzialità? La problematica, in questo caso, è di tipo strutturale-organizzativo: è difficile pensare di poter comunicare un messaggio senza le giuste competenze a disposizione. Dotarsi di personale competente a volte è la chiave per trovare le giuste parole, la giusta chiave comunicativa: è necessario svolgere analisi, ascoltare i propri studenti, farsi raccontare da loro i punti di forza della scuola e partire da lì per la creazione di un messaggio efficace, da adattare ai diversi canali.
Si può avere un know-how pazzesco, una grande esperienza e storia nel proprio settore, godere di un nome prestigioso e avere i migliori insegnanti e i migliori programmi, ma tutto questo avrà pochissimo valore se non comunicato, se le persone non ne sono a conoscenza e se non hanno la possibilità di avvicinarsi alla scuola. Serve trovare la chiave per differenziare il messaggio, per far emergere la qualità nel mare magnum competitivo con cui ci si interfaccia.
Una seconda problematica emersa ha a che fare con l’organizzazione interna: molto spesso dirigenti e docenti hanno davvero poco tempo per il confronto, per il brainstorming, per creare tavole rotonde in cui discutere, ragionare, creare, immaginare. Si tratterebbe di momenti fondamentali per la crescita ed il miglioramento della scuola, momenti in cui poter coinvolgere periodicamente anche i genitori, gli stessi studenti o altre persone legate al territorio. È necessario che anche nelle scuole entri l’idea che è fondamentale sviluppare insieme analisi e ragionamenti, che possano interrompere in qualche modo l’inerzia accademica, comunicativa e organizzativa.
Un’altra difficoltà che abbiamo raccolto riguarda il rapporto tra scuola, società ed organizzazione ministeriale: certo, questo prescinde un po’ dal nostro focus, ma ci sembra interessante ragionare su un valore lessicale che spesso determina una sorta di pregiudizio, che inevitabilmente influisce sulle performance di iscrizioni in una scuola. Parliamo degli istituti tecnici, che negli ultimi anni hanno visto un notevole calo di iscrizioni: a prescindere dalla propria offerta formativa, dalla qualità dei docenti, dall’efficacia comunicativa, molti istituti hanno dovuto fare i conti con la liceizzazione dell’educazione superiore. Lo spazio degli istituti tecnici è stato pian piano eroso e la naturale prosecuzione di questo processo sarà la possibile chiusura di queste strutture. Ma se si trattasse semplicemente di un problema lessicale? Se aver creato una distanza tra le parole “liceo” ed “istituto” avesse generato il pregiudizio negli studenti e nelle famiglie che preferiscono orientarsi verso una scelta considerata più “educativa”? Che risultati avrebbe un ipotetico “Liceo Tecnico”? Si tratta ovviamente di una provocazione, di un semplice ragionamento, ma è interessante valutare – anche a livello comunicativo – quanto a volte sia difficile fare i conti con pregiudizi e barriere, prima ancora di poter presentare la propria offerta.