Come cambia e come evolve il rapporto tra scuola e tecnologia? Come cresce l’innovazione? Quanto è usata tra alunni e professori? Piace di più la filosofia BYOD o servirsi delle aule computer? E poi wifi e lim, tablet e robot, corsi di coding e robotica: Skuola.net ha cercato di censire il patrimonio tecnologico delle scuole italiane nell’intento di monitorare la situazione.
La LIM è lo strumento multimediale più apprezzato ma circa un quarto degli intervistati ne fa uso solo qualche volta al mese e il 17% dice di averla ma non usarla mai, una percentuale che al sud sale al 32%. Quanti istituti, invece, sono attivi nell’organizzare corsi sull’uso dei programmi di produttività o sul coding? Qui il dato è 48%, ma corrisponde a una media che né rende giustizia all’impegno del nord né, purtroppo, evidenzia la situazione particolarmente negativa al Sud dove non viene erogato nessun corso nell’82% dei casi. Non va tanto meglio per quanto riguarda l’approfondimento di argomenti come cittadinanza digitale, cyberbullismo e truffe online: la percentuale di lezioni dedicate è pari al 62%, ma anche in questo caso il Sud non va oltre il 25%.
La carrellata di percentuali continua (qui le trovate tutte: link) e, cercando di fare il quadro complessivo, il ritornello di luoghi comuni è sempre il solito: “siamo partiti tardi ma la situazione migliora in un paese unito dagli intenti ma in cui, nella pratica, il nord trascina, il sud fa da zavorra”.
Ma basta snocciolare un elenco di numeri per farsi un’idea del lavoro che avviene all’interno delle mura delle scuole e andare oltre i soliti slogan e titoli acchiappa click? Il dato quantitativo può dare molti spunti ed è spesso il valore da cui si parte per argomentazioni più complesse ma il pericoloso rischio, di fronte a questi contenuti, è rafforzare la retorica diffusa che “più tecnologia si immette nella scuola, più gli alunni apprenderanno”. Il focus non sono le tecnologie in sé ma il loro portato formativo, la potenzialità di innescare significativi processi cognitivi e metacognitivi.
Lo ha ben presente l’Associazione SApIE (nota1) che da sempre si preoccupa di indagare l’impatto delle nuove tecnologie sui processi formativi e che lo scorso febbraio, in risposta al Decalogo del Miur sull’uso delle tecnologie nelle scuole, ha pubblicato una sorta di anti-decalogo firmato da Antonio Calvani per riportare l’attenzione sulla qualità dell’insegnamento e sulla consapevolezza dei mezzi scelti a supporto, scongiurando quell’atteggiamento di ottimismo a priori verso la tecnologia. In particolare, SApIE afferma che “le evidenze scientifiche sull’efficacia delle tecnologie […] confermano che non si è avuto un significativo miglioramento negli apprendimenti scolastici ogni qual volta si siano compiuti inserimenti massicci di tecnologie al di fuori di obiettivi circoscritti e ben finalizzati”. Esorta tutti gli attori di buone pratiche di “corredare le raccomandazioni con esempi e dimostrazioni convincenti su come e quando si possano utilizzare apportando evidenze affidabili sui risultati” e “fornendo indicazioni concrete ed adeguatamente argomentate” così che si possa evitare di “caldeggiare un’introduzione indiscriminata delle tecnologie” che rischierebbe solo di portare fuori strada visto che, “l’uso delle tecnologie è un fattore ad alto rischio di distrazione”.
Giovanni Biondi, presidente di Indire (nota 2), interviene con un articolo di risposta argomentato e dettagliato. Ed è qui che si innesta il dibattito: egli interpreta la visione di SApIE come una chiusura verso l’innovazione e un desiderio di conservatorismo.
In questa fase di transizione sia tecnologica che umana è costruttivo conoscere e partecipare al dibattito in corso. Chiunque approcci i temi dell’educazione con serio interessamento sa che un comune denominatore condiviso da tutti i soggetti in campo c’è: sfruttare la tecnologia nel modo più proficuo per le nuove generazioni per sviluppare e adattare l’apprendimento alle mutazioni della società. Partendo da questo obiettivo, ogni dibattito, critica o discussione, è utile per orientarsi e decidere quali strade seguire. Risulta particolarmente importante sviluppare un senso critico per fare scelte possibilmente diverse da Istituto a Istituto, ma di senso per il contesto in cui si educa. Capire di anno in anno, di realtà in realtà, quali strumenti poter sperimentare, valutare il lavoro svolto e di nuovo avere un positivo e costruttivo atteggiamento di critica rimettendo, se è il caso, le proprie scelte o opinioni di nuovo in discussione.
Per non subire il cambiamento in atto bisogna governarlo, per governarlo serve conoscenza ed è questo tipo di conoscenza che va trasmessa nelle classi, anche questo significa “arricchire il bagaglio”. Perchè, tornando al campione intervistato da Skuola.net, se viene chiesto agli alunni quanto hanno arricchito grazie alla scuola il loro “bagaglio” di conoscenze digitali, il 44% risponde “poco o niente”. La priorità è quindi investire e lavorare sul miglioramento di questa percentuale, prima di preoccuparsi di tutte le altre.
(nota1) SApIE è la Società per l’Apprendimento e l’Istruzione Informati da Evidenza. Si pone come scopo dichiarato di “informare gli insegnanti sulle risultanze della ricerca sui modelli didattici più efficaci e di tutelare la scuola da mode e false credenze, contrastandone la diffusione sulla base delle evidenze scientifiche”.
(nota2) Indire è l’Istituto Nazionale di Documentazione, Innovazione e Ricerca Educativa, Ente di ricerca del Ministero dell’Istruzione che accompagna l’evoluzione del sistema scolastico italiano investendo in formazione e innovazione e sostenendo i processi di miglioramento della scuola.