In una società come la nostra, nella quale un consumatore è sottoposto quotidianamente ad una miriade di stimoli pubblicitari, è fondamentale per ogni organizzazione o azienda differenziarsi. Attirare l’attenzione dell’utente non è facile: è essenziale studiarlo a fondo per anticipare le sue scelte.
Le scelte di acquisto non sono mai razionali come sembrano, spesso rispondono a molteplici elementi che, in gran parte, rimangono inconsci. Pensiamo alle situazioni nelle quali abbiamo davanti una vasta gamma di prodotti tra cui scegliere, o quando, di fronte ad un commesso che ci incalza, abbiamo poco tempo a disposizione per effettuare un acquisto.
Del resto, anche il filosofo Kierkegaard sostiene che la scelta fra diverse possibilità genera nell’uomo angoscia, quindi il cervello umano ha sviluppato delle strategie per semplificare e velocizzare il processo di scelta.
Neuromarketing: l’incontro fra marketing e neuroscienze
Se ti occupi di marketing, anche nell’area dell’educazione e della scuola, le scienze cognitive fanno al caso tuo. L’acquisto è, infatti, in gran parte il risultato di un’emozione, e su di esse si può agire per creare comunicazioni e prodotti più efficaci.
Dallo studio dei processi decisionali della mente, il marketing può estrapolare informazioni importanti. È per questo che dal 2002, (anno in cui la disciplina nacque dalle riflessioni del professore di Marketing Research della Rotterdam School of Management, Ale Smidts), le neuroscienze sono diventate una base per le ricerche di marketing.
In breve, quindi, il neuromarketing è lo studio di come il cervello umano reagisce alle pubblicità, ai prodotti e alle esperienze di acquisto. Utilizza tecniche prese dalla neuroscienza per misurare le risposte fisiologiche e psicologiche delle persone, con l’obiettivo di capire meglio cosa li motiva ad acquistare. In pratica, ci aiuta a capire come funziona la mente quando scegliamo un prodotto o un servizio.
Cosa sono i bias
Il termine inglese “bias”, che si traduce in pregiudizio o inclinazione, indica una percezione soggettiva e distorta della realtà, un processo mentale che distorce la nostra percezione.
Teorizzati per la prima volta dagli psicologi israeliani Premio Nobel 2002, Tversky e Kahneman, negli anni ’70, (con l’obiettivo di analizzare come gli esseri umani prendono decisioni), oggi sono una conoscenza basilare nel marketing.
In realtà, il bias può essere definito come un errore di giudizio che prende vita dalle “euristiche cognitive”, ossia delle scorciatoie mentali. La mente umana, nelle occasioni in cui è in difficoltà, sostituisce un elemento complesso con uno più semplice, per impiegare minor tempo e minore sforzo cognitivo. Nel fare ciò, però, può cadere in errore.
I principali bias da conoscere per chi si occupa di marketing
Il bias è dunque diventato a tutti gli effetti un elemento di studio del neuromarketing. Conoscere i processi mentali, ma soprattutto gli “errori mentali” nei quali il target incappa quando effettua un acquisto, è una ricchezza per ogni azienda.
Lavorare sui bias, vuol dire individuare delle strategie di comunicazione e vendita più efficaci. Questo è valido anche nel mondo della formazione, dove le scelte dei prospect sono spesso maggiormente ponderate rispetto ad altri ambiti di consumo, ma “maggiormente ponderate” non significa scevre da bias. Quindi, oltre a lavorare sugli aspetti più strategici (approfondisci con l’articolo Come le scuole possono investire meglio nel marketing), è bene conoscere anche questi meccanismi per sapere quando sfruttarli.
I bias sono molteplici, tra quelli più utili nel campo del marketing, (replicabili anche nell’ambito del marketing scolastico), abbiamo selezionato i seguenti.
Bias effetto esca
Di fronte ad una situazione di scelta tra due elementi, un soggetto potrebbe essere facilitato dall’introduzione di un terzo elemento, definito “esca”. Vi sembra strano? Eppure non lo è.
Pensiamo, ad esempio, di essere al cinema, e di essere indecisi nell’acquisto di pop-corn: il sacchetto piccolo è venduto al prezzo di 4 euro, il sacchetto grande al prezzo di 7 euro. Se viene introdotto un terzo sacchetto, di dimensione media, ad esempio al prezzo di 6,50 euro, la mente umana convergerà, tendenzialmente, sul sacchetto grande, risolvendo i nostri dubbi. Questo accade perché l’esca fa apparire vantaggioso il prezzo del sacchetto grande, (solo 50 centesimi di differenza con il sacchetto medio), percepito dalla nostra mente come un “affare”. Inserire più di tre scelte, sarebbe però rischioso, la mente del consumatore sarebbe esposta ad eccessivo stress, che non aiuterebbe nella scelta.
Bias dell’ancoraggio
Riguarda la tendenza a far affidamento sulle prime informazioni trovate. Ad esempio, in uno shop online, un eventuale sconto sul prodotto, può indurci a pensare che sia un affare. Ci fermiamo a questa prima informazione, senza accertarci se il prezzo sia veramente adeguato. Lo sconto fa apparire di per sé vantaggioso l’acquisto.
Bias sociale
È un ragionamento che spinge l’essere umano ad effettuare una scelta seguendo la maggioranza. Chiaramente, su questa tipologia di bias si basa il meccanismo della moda. Negli acquisti online, invece, agisce in particolar modo nel momento della ricerca di recensioni e feedback positivi. Non a caso, in molti nei siti di shop online, ad esempio Amazon, su alcuni prodotti troviamo l’etichetta “il più venduto”. “Se in molti l’acquistano, vuol dire che è un buon prodotto”, è esattamente questo il pensiero che la nostra mente realizza. Ad esempio, far convergere tanti interessati alla nostra scuola ad un evento come un Open Day, può innescare nei partecipanti l’idea che alla nostra offerta formativa siano interessate molte persone, confermando in ognuno la buona scelta perché fatta da tanti.
Bias della conferma
Il meccanismo cognitivo del nostro cervello, lo porta a privilegiare le informazioni che già conosce e con cui ha familiarità. È l’atteggiamento che ci porta a confermare un’ipotesi a proprio favore, e ci fa escludere tutto ciò che non coincide con le nostre convinzioni. Ad, esempio, se sono convinto che nel mondo del lavoro si necessiti di conoscenze relative all’intelligenza artificiale, nella scelta della scuola per mio figlio, la mia mente tenderà a filtrare tutte le informazioni che possano confermare il mio pensiero. Per tale motivo, una comunicazione impostata sulla conferma risulta particolarmente utile nel facilitare le vendite. I social network rappresentano terreno fertile per il proliferare di questo tipo di bias: ci mostrano esattamente i contenuti in linea con le convinzioni personali.
Bias della cornice
Anche denominato “effetto frame”: la mente umana valuta diversamente un prodotto a seconda della “cornice” nella quale viene presentato. Si può pubblicizzare uno stesso prodotto con due modalità differenti: ad esempio, per vendere uno yogurt si può comunicare che è 80% più light, o ha il 20% di grassi in meno. Generalmente, la prima modalità incornicia positivamente il prodotto, invogliando il consumatore all’acquisto. Oppure Un corso di formazione viene presentato come “un’occasione imperdibile per acquisire nuove competenze” (cornice positiva) oppure come “un investimento necessario per evitare di rimanere indietro nel mercato del lavoro” (cornice negativa). La stessa informazione viene percepita in modo differente a seconda della cornice utilizzata.
Bias della facilità
Tendenzialmente il cervello umano predilige le informazioni che risultano più facili da processare. Ad esempio, un sito web di una scuola è facile da navigare e offre tutte le informazioni necessarie in modo chiaro e conciso. Questo può aumentare la probabilità che un prospect scelga quella scuola in confronto ad un’altra il cui sito ha una struttura complessa ed è difficile trovare le informazioni.
Bias di urgenza e scarsità
Ognuno di noi è maggiormente propenso ad evitare una perdita piuttosto che ad ottenere un guadagno. Per esempio, la dicitura che leggiamo spesso, “affrettati, ultimi posti disponibili!”, o anche “offerta disponibile fino a mezzanotte!”, hanno un forte impatto sul giudizio della mente. Agisce, addirittura in modo più potente rispetto ad una semplice scritta “offerta”. La paura di perdere un affare ha un peso rilevante nel ragionamento cognitivo del consumatore. Questa logica viene applicata ad esempio con i cosiddetti sconti early bird per cui chi si iscrive prima al corso paga di meno (entro una certa data), oppure utilizzando comunicando che i posti limitati o che sono disponibili gli ultimi posti per far percepire un effetto di scarsità.
Attenzione però alle singole situazioni: nonostante sia uno dei bias più utilizzati nel marketing, uno studio condotto da Neurexplore ha dimostrato che in alcuni casi può avere un effetto nullo, addirittura dannoso. Nel campo dei prodotti bancari, come mutui e prestiti, la ricerca ha evidenziato che il bias non influenzava nel modo sperato i potenziali clienti. La soluzione migliore consigliata è dunque di effettuare dei test tra i consumatori per capire la tempistica delle offerte da comunicare, non dando per scontato che “mettere fretta” sia sempre vantaggioso.
In conclusione, facendo riferimento ad un articolo de IlSole24Ore, sottolineiamo che il bias non deve essere considerato esclusivamente un limite della mente umana, che ci rende un bersaglio facile del marketing, quanto, piuttosto, un “segnale di umanità”, una peculiarità dell’uomo nell’era dell’intelligenza artificiale.